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Beato Antonio Franco, la festa il 2 settembre

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Il ritorno del corpo incorrotto di mons. Antonio Franco a Santa Lucia del Mela
dopo la cerimonia di Beatificazione di Messina del 2013
Beato Antonio Franco, a tre anni dall’onore degli altari è stato presentato dal sacerdote Paolo Impalà e dal comitato organizzativo il programma dei festeggiamenti che ne commemorano la figura e l’opera, a cura dell’Arcidiocesi di Messina, Lipari, Santa Lucia del Mela, del Vicariato del territorio luciese e della parrocchia di Santa Maria Assunta. Le celebrazioni, in attesa della grande festa del 2 settembre, alla presenza del delegato ad omnia mons. Gaetano Tripodo, si terranno nella Basilica Concattedrale, dove il corpo incorrotto del Beato è custodito e venerato da quattro secoli dalla comunità che, già prima del riconoscimento ufficiale da parte della chiesa, lo ha eletto suo protettore. Da qui domani alle 6 del mattino partirà il viaggio mariano verso contrada San Giuseppe, dove sarà celebrata una messa in ricordo dei pellegrinaggi e delle opere di servizio, carità e penitenza che l’abate e prelato Franco compiva, facendosi ultimo tra gli ultimi nonostante le nobili origini e il ruolo rivestito nelle alte gerarchie ecclesiastiche. 
Tra le novità, l’inaugurazione lunedì 29 dell’esposizione delle reliquie del Beato in una sala del palazzo prelatizio, a cura dell’antropologo Dario Piombino Mascali, autore nel 2013 della ricognizione canonica del corpo di Antonio Franco preliminare alla chiusura del processo di Beatificazione. In programma nel giorno clou della festa il pellegrinaggio per le vie del paese con il busto reliquiario in argento, oro e pietre preziose realizzato lo scorso anno con le offerte dei fedeli, ricordando il 2 settembre 1626 quando, in odore di santità, si spegneva la breve vita del “San Francesco di Sicilia”, come è stato ribattezzato il Servo di Dio mons. Franco. 
Cinque le giornate di festa inserite nel programma ricreativo, che comprende il “Mankarru Folk Fest” mercoledì 31 e l’appuntamento doppio con le bande musicali luciese e filippese venerdì 2. Disponibili inoltre le pubblicazioni di storici, archivisti e studiosi che hanno ricostruito l’intensa attività pastorale e di intervento sociale di mons. Franco, rivolta alla povera gente sfruttata e oppressa dal potere politico e dagli usurai, dai vizi e dai soprusi di nobili ed ecclesiastici. L'obiettivo è quello di incoraggiare e promuovere la conoscenza della figura del Beato, espandendo oltre i confini della comunità luciese e dei gruppi di fedeli dei centri limitrofi l'eco della sua figura di pastore illuminato, di straordinaria modernità anche per i non credenti proprio per le caratteristiche del suo impegno a favore degli ultimi, che ieri come oggi rimangono troppo spesso ai margini dell'operato delle istituzioni ufficiali. 

Campo Scuola di Studi sulle Mummie, photogallery

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La Cripta dei Cappuccini luciese sede di una scuola estiva internazionale
Si è concluso il primo campo scuola internazionale di studi sulle mummie, presentato a fine luglio nel corso di una cerimonia inaugurale nella Basilica Concattedrale luciese, alla presenza degli studenti americani che, per due settimane, hanno studiato i reperti conservati nella Cripta del convento dei Cappuccini e partecipato alla vita culturale luciese. Un corso di alta formazione fondato su un approccio interdisciplinare, come ha spiegato il suo ideatore, il paleoantropologo messinese Dario Piombino Mascali, che ha consentito di coniugare i saperi scientifici e quelli umanistici, proponendo una modalità inedita di studio e indagine su questi preziosi restiIl ruolo lungimirante della Sicilia nella tutela dell’ingente patrimonio mummiologico regionale, per il quale è stato creato uno specifico Ispettorato, è stato più volte ribadito dallo studioso, che, insieme allo scienziato forense Karl Reinhard, docente dell’Università del Nebraska, si è soffermato sulle caratteristiche della scuola: a tenere le lezioni è stata un’equipe internazionale, che ha studiato le interazioni tra uomo, ambiente e malattie a partire dall’analisi dei corpi mummificati, attraverso i quali è possibile risalire alle arcaiche pratiche funerarie connesse al culto dei morti. Le lezioni si sono tenute nella Cripta, che costituisce un vero e proprio scrigno di beni storici e biologici: i resti umani, visibili in teche, nicchie e casse, appartengono a laici ed ecclesiastici di ogni età e di ambo i sessi, e spesso indossano ancora abiti e artefatti dell’epoca, utili ad attestarne l’uso sino all’Ottocento. 

I beni culturali, un tesoro in cerca di valorizzazione
Sull’importanza di valorizzare cultura, scienza e turismo in una prospettiva integrata di sistema, secondo il modello che la scuola propone, si è concentrato durante la cerimonia di apertura l’assessore regionale ai Beni Culturali Carlo Vermiglio, che, dopo i saluti istituzionali del sindaco Antonino Campo e dell’assessore Rosario Torre, ha lanciato l’invito a creare sinergie tra pubblico e privato, considerando anche l’entità dei tagli agli investimenti destinati al settore: «In Sicilia abbiamo un patrimonio culturale senza pari in nessuna parte del mondo, sia per bellezza che per concentrazione, che siamo bravi a tutelare - ha esordito Vermiglio -, ma per valorizzarlo bisogna rimboccarsi le maniche e interpellare tutti i soggetti che hanno interesse ad investire nei beni culturali, anche per rilanciare l’economia»Ma se a Santa Lucia del Mela i beni culturali non godono di buona salute, attorno a noi ci sono molti esempi virtuosi di gestione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico: l'ultimo caso è quello di Novara di Sicilia, dove Comune e Arcipretura, con il sostegno dei cittadini, hanno lanciato una raccolta fondi per salvare le mummie della Cripta della chiesa madre, restaurata alcuni anni fa, del deperimento.  

Le mummie siciliane 
Sebbene siano le più note, anche per le suggestioni letterarie e il richiamo turistico che le accompagna, le Catacombe di Palermo, con un tesoro monumentalizzato di oltre 1.800 mummie, rappresentano un caso eccezionale nel patrimonio culturale siciliano. Più diversificati i siti della nostra provincia, dove emergono Savoca, con la sua cripta restaurata recentemente grazie all’intervento dell’antropologo messinese Sergio Todesco, in seguito alla vandalizzazione subita dalle mummie negli anni ’80; Piraino, che custodisce un patrimonio bio-archeologico prezioso dal punto di vista scientifico per il tipo di ricerche condotte sino ad oggi; la Cripta dei Cappuccini a Santa Lucia del Mela, rilevante per il numero di mummie presenti in essa, sede  quest’anno del primo Campo Scuola di Studi sulle Mummie; Novara, nota anche per la preminenza architettonica della Cripta della chiesa madre, con le nicchie in pietra scolpita. Si segnalano infine anche i siti di Pettineo e Militello Rosmarino, che versano purtroppo in condizioni precarie.

Foto: Franco Trifirò
Testo: Katia Trifirò

Sulle orme di Beato Antonio Franco

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Si è svolto oggi alle prime luci dell'alba il pellegrinaggio dalla Cattedrale fino alla contrada San Giuseppe, dove sorgeva la chiesa dedicata alla Madonna della neve. 
Nel 1529, infatti, quando la statua venne commissionata allo scultore palermitano Antonello Gagini venne posta nella chiesa di "Santa Maria ad Nives" in contrada San Giuseppe, a poca distanza dalla centro luciese.
Il vescovo Antonio Franco spesso si recava in pellegrinaggio penitenziale per pregare davanti la Vergine, come documentato dal testo di Mons. Cambria:

A circa un chilometro dal centro, in contrada S. Giuseppe, 
c’era una chiesetta dedicata a Santa Maria de Cellis che già nel 1403 figurava di regio patronato. Il servo di Dio amava recarvisi spesso per alimentare la sua pietà mariana; 
estatico, contemplava a lungo la statua marmorea della Madonna della neve 
e con schietto entusiasmo esclamava: 
“Se è così bella al nostro occhio, che sarà vederne l’originale in Paradiso? 
Se è così vaga la figura, quanto più bello sarà il figurato?”


Disegno a china di Matteo Lipari (1965)
raffigurante il vescovo Antonio Franco che prega all'altare della Madonna della neve

Nel 1675 la statua venne spostata nell'attuale santuario e con il passare degli anni l'edificio venne abbandonato e purtroppo oggi è rimasto ben poco. 
A memoria di questa devozione recentemente è stato organizzando un pellegrinaggio penitenziale che alle prime luci dell'alba parte dalla cattedrale per giungere nel luogo ove sorgeva la chiesa, dove nel 2007 è stato costruito un altare commemorativo con l'immagine del Beato Antonio Franco davanti al quale stamattina è stata celebrata una messa.

La strada che porta alla Contrada

 Altare devozionale 

Dettaglio targa commemorativa 

Celebrazione della S. Messa in c/da San Giuseppe



FONTI BIBLIOGRAFICHE: 
"Messaggero di bene" il Servo di Dio Mons. Antonio Franco di Salvatore Cambria
"Il servo di Dio Mons. Antonio Franco" di P. Giovanni Parisi T.O.R.

S. Lucia come non l'avete mai vista: domani presentazione del video

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Nelle foto: due immagini del backstage e una vista aerea di Santa Lucia del Mela (copyright Gianfranco Rappazzo)

Valorizzare il territorio attraverso i suoi beni storico-artistici, le risorse naturalistiche, il patrimonio culturale e le tradizioni enogastronomiche, offrendo una prospettiva inedita e diversi punti di vista con l’obiettivo di riavvicinare le nuove generazioni alla scoperta dei propri luoghi e sensibilizzare cittadini e istituzioni a farsi carico della tutela e della valorizzazione dei tanti siti di interesse turistico della città. Nasce da questi presupposti l’iniziativa di un giovane luciese, Gianfranco Rappazzo, che ha fatto “rete” con le attività commerciali, l’assessorato ai Beni culturali e al Turismo rappresentato da Rosario Torre e l’Associazione messinese di Montreal per la realizzazione del video promozionale "Urbs deliciae nostrae", girato con il supporto di droni e destinato ai canali web. La produzione del video, che sarà presentato in anteprima domani alle 19.30 nel Palazzo ex carcere borbonico, ha richiesto due anni di lavoro e il supporto di numerosi volontari, soprattutto ragazzi, impegnati anche come comparse. 
Alla base vi è il racconto di Santa Lucia del Mela attraverso immagini non convenzionali, che alternano dettagli di opere d’arte e inquadrature aree, esplorano la montagna e i torrenti, documentano feste religiose e antichi mestieri, permettendo allo spettatore di entrare nei laboratori dove si producono i dolci tipici o i formaggi e di innamorarsi – per la prima volta o di nuovo – di un territorio tutto da scoprire. «L’invito è quello di guardare con altri occhi tutta la bellezza che ci circonda – dice Gianfranco Rappazzo –, e di considerare il territorio come bene comune, da conoscere e valorizzare». Per questa ragione, aggiunge l’ideatore, «i destinatari non sono solo i potenziali turisti, ma i luciesi stessi, per rafforzare un senso di identità e di appartenenza che spesso manca nei più giovani e a volte anche negli adulti». 
Il video, grazie alle risorse della rete, sarà diffuso oltreoceano tramite la numerosa comunità luciese che risiede in Canada e che ha mantenuto nel tempo un forte legame con la terra d’origine. Non manca, infine, la sollecitazione alla politica locale a mettere in agenda la cura di monumenti e opere d’arte che richiedono interventi urgenti e restauri, ma anche una migliore capacità di gestione, affinché non restino chiusi e quindi inaccessibili a chi desidera visitarli. (kt)

Riapre i battenti l'asilo nido comunale

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L'esterno dell'asilo nido comunale

La sala d'ingresso della struttura

Un progetto del 2008
Sarà inaugurato oggi alle 17 l’asilo nido comunale, restituito alla comunità dopo due anni di chiusura completamente ristrutturato, in seguito ai lavori di manutenzione straordinaria, adeguamento impianti tecnologici e riqualificazione energetica che hanno riguardato sia l’interno che l’esterno dell’edificio, con l’acquisto di nuovi arredi e l’ampliamento degli spazi. Il progetto, presentato nel 2008 e finanziato nel 2014 con un importo di oltre 570 mila euro, nell’ambito di un programma regionale straordinario per l’implementazione del servizio, ha consentito un investimento sia sul piano tecnico sia sulle attività integrative, come l’apertura pomeridiana e l’impiego di nuove risorse umane, lo svolgimento di attività educative e laboratoriali riservate anche ai bambini più grandi e la calendarizzazione di incontri con esperti dedicati alle famiglie. 

I servizi del nuovo asilo
«Contiamo molto su questo asilo, che si presenta come una struttura con tutte le carte in regola per diventare un centro per l’infanzia, aperto al territorio», afferma l’assessore alla Pubblica istruzione Elisabetta Lombardo. Con 33 iscritti l’asilo parte a pieno regime già da lunedì, ma per il tempo prolungato e l’arrivo di altre figure professionali (previsti due educatori e due assistenti all’infanzia) bisognerà attendere l’espletamento del bando di gara riservato alle cooperative. A coadiuvare insegnanti e personale ausiliario, assicura Lombardo, anche altri dipendenti comunali e ulteriori risorse disponibili grazie al Distretto socio sanitario. Il regolamento di gestione, approvato in Consiglio comunale ad aprile scorso, prevede l’introduzione di tariffe agevolate, con una retta variabile sulla base delle fasce di reddito, con l’obiettivo di favorire anche le famiglie meno abbienti. 

Lo stato dell'edilizia scolastica
Per quanto riguarda le altre strutture scolastiche, partiranno nei prossimi mesi i lavori di ristrutturazione in programma alla media “Galluppi”, che ospita anche le due sezioni di quinta elementare dell’Istituto comprensivo luciese per via del cronico problema di sovraffollamento che grava sulla popolazione scolastica. Entro novembre, infine, dovrebbe partire il servizio mensa alla materna, collocata nel plesso della scuola elementare “XXV Aprile”, ritardato l'anno scorso a causa di un intoppo burocratico. 
(kt)

Chiesa e Arco di S. Michele Arcangelo, un tesoro da salvare

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Ritorna in possesso del Comune luciese il complesso monumentale dell’ex Chiesa di San Michele Arcangelo, la storica struttura di origine quattrocentesca di cui restano oggi solo l’Arco di accesso al sagrato e polverose rovine, dopo innumerevoli crolli e furti di preziosi elementi architettonici. Si è sciolto, infatti, il nodo della proprietà del bene, che sin dagli anni ’50 del secolo scorso era stato concesso in affitto ad un privato da parte del vecchio ECA (Ente Comunale di Assistenza) e poi direttamente dal Comune di Santa Lucia del Mela, che aveva assorbito l’Ente. La vicenda negli anni si è trascinata anche in sede giudiziaria, con una condanna pecuniaria subita dal Comune nel 2010 per lavori di manutenzione straordinaria e pulitura svolti 23 anni prima all’interno della struttura, su cui di fatto l’unico a poter vantare diritti era l’affittuario. 
Nel corso del giudizio possessorio sono stati acquisiti agli atti i documenti relativi alla quantificazione dei danni subiti da quest’ultimo, stimati in poco più di 20 milioni delle vecchie lire; importo che tuttavia non è mai stato mai risarcito dal Comune, così come gli interessi maturati. Gli eredi del privato che ha usufruito del bene hanno infine manifestato l’intenzione di rinunciare volontariamente al rapporto di affitto, dietro risarcimento di 4 mila euro e con la rinuncia ad altre somme per interessi. 
L’ultimo atto di questa transazione, gestita dal sindaco Nino Campo e dall’assessore ai Beni Culturali Rosario Torre, è stato adesso formalizzato con il reintegro del pieno possesso del complesso monumentale nel patrimonio immobiliare comunale. Il restauro e la messa in sicurezza della Chiesa e dell’Arco di San Michele Arcangelo, già inseriti nell’ultimo piano triennale delle opere pubbliche, sono stati proposti per l’inserimento nel cosiddetto “Patto per la Sicilia” al fine di ottenere un finanziamento. L’immobile, come rilevato nel sopralluogo effettuato a maggio dalla Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Messina, è in pessimo stato e attualmente inaccessibile, in quanto invaso da vegetazione spontanea. 
Ma l’aspetto più grave è il crollo di parti strutturali avvenuto nella scorsa primavera in corrispondenza dell’altare maggiore, cui si sommano le condizioni precarie di conservazione dell’Arco, che mettono a rischio sia i resti dell’edificio che la pubblica incolumità. Al sicuro, per fortuna, le opere d’arte custodite all’interno della Chiesa, risparmiate dal degrado e dai crolli grazie al trasferimento negli anni ’30 della scultura del “San Michele Arcangelo” nei locali del Castello, e di preziose tele del XVII e XVIII secolo nella Chiesa del Sacro Cuore. Insieme alla Chiesa di San Michele Arcangelo, oggi ridotta a poco più di un rudere, sono scomparsi anche l’Ospedale dei Preti e la “Ruota degli esposti”, così come il secentesco Monte di Pietà. 


L'EX CHIESA DI S. MICHELE ARCANGELO 










                                          I CROLLI (APRILE 2016)







                                L'ARCO DI S. MICHELE ARCANGELO 






Testo: Katia Trifirò
Foto: Santo Arizzi


Marco Tardelli in arrivo allo JCD "Scirea" di Santa Lucia del Mela

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Nuovo eccezionale ospite allo Juventus Club Doc "Gaetano Scirea" di Santa Lucia del Mela, che venerdì 30 settembre alle 11 accoglierà in aula consiliare il campione Marco Tardelli, protagonista della storia del calcio italiana, insieme alla figlia Sara. Come sempre ad attendere i tifosi ci sarà una grande festa juventina, preparata con grande cura dal presidente Benedetto Merulla e dai soci dello "Scirea", per ripercorrere le vittorie conquistate da Tardelli con la maglia bianconera e raccolte nel libro Tutto o niente. La mia storia, scritto in forma di dialogo con la figlia. Indimenticabile icona della vittoria nel Mondiale del 1982, Tardelli si racconterà a tifosi e giornalisti, visiterà la sede del Club luciese e pranzerà con i soci. 




Il libro
Tutto o niente. La mia storia, scritto da Marco e Sara Tardelli, racconta una vita vissuta sempre di corsa, in campo e fuori, ma senza sbandamenti: «Ho lottato per il mio sogno da solo, senza l'aiuto di nessuno. Come regalo ho avuto il talento, tutto il resto me lo sono guadagnato passo dopo passo, centimetro per centimetro».
Dalla copertina: 
«Il mio urlo è durato 7 secondi. Il mio amico Gaetano Scirea mi ha passato la palla in area e l'ho colpita in scivolata. Rete. Italia 2, Germania 0. Il boato di 90 mila persone. E io ho fatto la cosa che amavo di più: ho corso. Ero inondato dai ricordi, dal senso di riscatto, dall'adrenalina. Quei 175 fotogrammi mi hanno regalato un posto nella storia del calcio. E quell'urlo è stato una scossa elettrica che ha cancellato la mia vita. Non c'è stato più un prima e non c'è un dopo.» A più di trent'anni dall'urlo di Madrid, Marco Tardelli racconta senza reticenze alla figlia Sara la sua storia, nata da una passione assoluta e totalizzante come il primo amore, che nessun ostacolo, nessun rifiuto, è mai riuscito a spegnere: il calcio. L'infanzia passata tra i monti della Garfagnana e la periferia di Pisa, le prime partite all'oratorio di padre Bianchi, che alimenta il suo sogno, contrastato invece dai genitori; i soldi guadagnati durante le vacanze estive come cameriere e i deludenti provini per club di serie A, finiti tutti allo stesso modo: «È bravo, ma con quel fisico non può fare il calciatore». Poi, a soli 20 anni, dopo aver indossato le maglie di Pisa e Como, Marco approda alla Juventus di Gianni Agnelli e Giampiero Boniperti, una grande squadra che è innanzitutto una scuola di vita, e con la quale in dieci anni conquista un'impressionante serie di vittorie: 5 scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa dei Campioni (la tragica notte dell'Heysel), una Supercoppa europea, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa. Nel mezzo, la gloriosa carriera azzurra con la Nazionale di Enzo Bearzot nell'entusiasmante spedizione in Argentina (1978), in quella trionfale in Spagna (1982) e in quella sfortunata in Messico (1986). E quando l'avventura con il calcio «giocato» sembrava finita, perché sarebbe stato per lui impossibile raggiungere nuovi traguardi, un'inattesa carriera da allenatore condotta con alterne fortune: le gioie provate alla guida delle Nazionali giovanili, le delusioni sofferte sulla panchina dell'Inter e le stimolanti esperienze all'estero, prima come commissario tecnico dell'Egitto e poi come vice di Giovanni Trapattoni alla guida dell'Eire, privato per un gol irregolare di una storica qualificazione ai Mondiali in Sud Africa (2010). Tutto o niente è anche e soprattutto la storia dell'uomo Tardelli, «nato alla buona», di natura ribelle e con un «cromosoma contadino», delle sue molte e diverse amicizie, degli indimenticabili incontri con campioni e colleghi ma anche con ristoratori e taxisti, e dei turbolenti ma inossidabili rapporti con i figli, Sara e Nicola, e le donne della sua vita. 

Il campione
Marco Tardelli (Careggine, 24 settembre 1954) è stato cinque volte campione d'Italia con la Juventus, in maglia bianconera ha inoltre vinto tutte e tre le principali competizioni UEFA per club, divenendo uno dei primi tre giocatori – assieme ai suoi compagni di squadra e Nazionale Antonio Cabrini e Gaetano Scirea – nonché primo centrocampista in assoluto ad aver conseguito tale record. Campione del mondo con la Nazionale italiana nel 1982, è rimasta nella memoria collettiva l'esultanza con cui festeggiò la sua rete in finale alla Germania Ovest: "l'urlo di Tardelli"è passato alla storia come l'immagine-simbolo del calcio italiano nonché, a livello mondiale, tra le maggiori icone sportive di sempre. Nel 2004 è risultato 37º nell'UEFA Golden Jubilee Poll, un sondaggio online condotto dalla UEFA per celebrare i migliori calciatori d'Europa dei cinquant'anni precedenti.
Di piede destro, da bambino, seguendo e imitando il suo idolo Gigi Riva che era mancino, diventò ambidestro. Molto rapido nella corsa e abile nella marcatura, venne schierato con proficui risultati sia come terzino che centrocampista. In un'epoca in cui il calcio italiano era conosciuto soprattutto per le sue qualità difensive, spesso legate al catenaccio, Tardelli emerse al contrario come un giocatore grintoso e dotato tecnicamente in mezzo al campo, venendo considerato tra i migliori interpreti al mondo del ruolo nei primi anni 1980.
Dopo un corteggiamento da parte di Fiorentina e soprattutto Inter, nel 1975 venne acquistato dalla Juventus, voluto fortemente dal presidente bianconero Giampiero Boniperti. Fu subito schierato dall'allenatore Carlo Parola come terzino, alternandolo al più esperto Luciano Spinosi. Esordì con il club torinese il 27 agosto, nella gara di Coppa Italia tra Juve e Taranto, finita 2-0 per i bianconeri. Disputò l'ultima partita in maglia bianconera il 29 maggio 1985, nella finale di Coppa dei Campioni vinta per 1-0 contro gli inglesi del Liverpool, partita teatro della strage dell'Heysel. Chiuse la sua esperienza a Torino dopo 259 incontri conditi da 34 centri, nel corso dei quali mise in bacheca cinque campionati, due Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Coppa UEFA; un palmarès che tuttora ne fa uno dei soli dieci giocatori, nella storia del calcio, capaci di conquistare le tre principali competizioni UEFA per club.
Fece il suo esordio con la maglia dell'Italia il 7 aprile 1976, all'età di ventuno anni, nell'amichevole di Torino contro il Portogallo (3-1). Divenne poi elemento cardine della selezione guidata da Enzo Bearzot, della quale fu titolare al campionato del mondo 1978 in Argentina e al campionato d'Europa 1980 organizzato in Italia. Con 7 presenze e 2 gol fu protagonista della vittoria al campionato del mondo 1982 in Spagna. Qui siglò la rete dell'1-0 nella partita poi vinta 2-1 sull'Argentina nonché la celebre rete del 2-0 nella vittoriosa finale 3-1 contro la Germania Ovest, quella del famoso "urlo" in cui Tardelli corse a perdifiato verso metà campo, agitando i pugni contro il petto, con le lacrime che gli rigavano il viso e urlando a ripetizione «gol!» mentre scuoteva selvaggiamente la testa: «dopo che segnai, tutta la vita mi passò davanti – la stessa sensazione che, si dice, si ha quando stai per morire. La gioia di segnare in una finale di Coppa del Mondo fu immensa, qualcosa che sognavo da bambino, e la mia esultanza fu una sorta di liberazione per aver realizzato quel sogno. Sono nato con quel grido dentro di me, e quello fu l'esatto momento in cui venne fuori»; per ironia della sorte, quel gol – inserito nel 2010 da Goal.com al 2º posto tra le 50 migliori celebrazioni nella storia dei campionati mondiali, e nel 2014 dalla BBC al 4º posto tra i 100 più bei momenti nell'epopea della Coppa del Mondo – rimase il suo ultimo in maglia azzurra. Dopo il ritiro di Dino Zoff vestì la fascia di capitano ogni qual volta venne impiegato. Con gli Azzurri ha collezionato in totale 81 presenze e segnato 6 reti. Dopo il ritiro dalla pratica agonistica inizia per lui la carriera di allenatore. 
(da Wikipedia)

Rimpasto di Giunta, ecco le deleghe del nuovo assessore

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Sindaco e nuova Giunta comunale

Terzo rimpasto per l’amministrazione comunale Campo. Dopo il primo giro di valzer su deleghe e vicesindacatura e dopo l’estromissione del geom. Angelo Letizia, è stato decretato venerdì l’ingresso in Giunta di Mariella Ispoto, nome che era nell’aria già da mesi. La poltrona è stata assegnata da Campo pescando tra i consiglieri comunali e utilizzando come criterio di scelta quello del numero di voti conquistati alle ultime elezioni. In base a questo stesso criterio, il posto di Letizia era stato già offerto a febbraio ad un’altra consigliera, Maria Catena Mirabile, che lo ha rifiutato e che continua a sedere nella maggioranza consiliare. Come da programma, rese note oggi le deleghe assegnate a Ispoto, che assume su di sé Protezione  Civile, Servizi cimiteriali, Personale, Attività produttive (artigianato e commercio), Pari opportunità, Trasparenza e comunicazione. 

Convegno internazionale “Sicilia millenaria. Dalla microstoria alla dimensione mediterranea”

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COMUNICATO
Il castello di Santa Lucia del Mela ospiterà dal 13 al 16 ottobre 2016 il primo convegno internazionale di studi storici sulla Sicilia, data la caratura dei relatori coinvolti, ma che rappresenta – di fatto – la seconda edizione del convegno regionale “Sicilia Millenaria. Dalla microstoria alla dimensione mediterranea”.
L’evento – elaborato e organizzato dall’architetto Filippo Imbesi, coordinato dal prof. Luciano Catalioto (Università di Messina), e promosso dall’Amministrazione Comunale e dall’Assessore ai Beni Culturali di Santa Lucia del Mela il dott. Rosario Torre – vede la collaborazione e il supporto di vari enti di ricerca e di associazioni culturali, tra cui l’Università degli Studi di Messina, l’Università Paris Ouest Nanterre La Défense, l’Officina di Studi Medievali di Palermo e l’Associazione SiciliAntica. Nelle quattro giornate del convegno, a cui parteciperanno oltre sessanta relatori, saranno indagati, con sessioni ante e postmeridiane e con impostazione multidisciplinare, vari temi storici, archeologici, artistici e culturali dell’isola.
L’evento - afferma l’arch. Filippo Imbesi - mira anche ad offrire, in una fase di appiattimento culturale piuttosto generalizzato, un momento di seria riflessione sugli sconfinati campi di ricerca propri del territorio siciliano e uno stimolo per un concreto cambiamento di rotta dell’attuale sistema culturale.
L’obiettivo – dichiara il Sindaco Antonino Campo – è quello di rendere Santa Lucia del Mela un centro culturale di alto livello e un punto di riferimento per gli studiosi, accendendo i riflettori sull’immenso e prezioso patrimonio naturalistico e storico-culturale presente nel territorio luciese. Altro obiettivo – afferma l’Assessore comunale ai Beni Culturali Rosario Torre – è anche quello della riscoperta dello stesso patrimonio con “occhi nuovi”, evidenziandone – nel contempo – la necessità degli interventi per la salvaguardia e la conservazione dei luoghi della memoria e degli altri siti di interesse scientifico e culturale che spesso travalicano, oggettivamente, per importanza gli stessi confini locali.

L’incontro vedrà relazionare qualificati e importanti studiosi, molti dei quali di fama internazionale, tra cui: Henri Bresc (Université Paris Ouest Nanterre La Défense), Sandro Carocci (Università di Roma Tor Vergata), Maria Caccamo Caltabiano (Università di Messina), Luciano Catalioto (Università di Messina), Diego Ciccarelli (Presidente dell’Officina di Studi Medievali), Cosimo Scordato (Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia), Jean Paul Barreaud (Sicilia Svelata), Ferdinando Maurici (Dirigente presso il Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione e la Documentazione dei Beni Culturali della Regione Siciliana) e Giovanni Di Stefano (Dirigente del Servizio Beni Archeologici - Assessorato Beni Culturali della Regione Siciliana).

Il sorriso di Roberta Smedili per i terremotati del centro Italia.

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COMUNICATO STAMPA


Il 24 agosto 2016 un terremoto del sesto grado della scala Richter colpisce il centro Italia.

L'area più colpita è stata quella dell'alta valle del Tronto, al confine tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. 
In particolare sono stati pressoché rasi al suolo i centri di Amatrice e Accumoli (epicentro della scossa più intensa) nel Lazio, e Pescara del Tronto, frazione del comune di Arquata del Tronto nelle Marche.
La scossa è stata percepita da Rimini a Napoli.
Il bilancio ufficiale parla di 296 vittime, mentre sono state estratte vive dalle macerie 238 persone.
I feriti portati in ospedale sono invece 388.

Per aiutare queste persone, l’Associazione Roberta Smedili, ha promosso la manifestazione “Cento pittori e il sorriso di Roberta, la solidarietà attraverso l’arte”.
Una mostra con relativa vendita di dipinti donati da artisti amici dell’Associazione Roberta Smedili, si terrà presso la sala a vetri del Paladiana del comune di Milazzo, Sabato 1 e Domenica 2 Ottobre 2016 con orario 10,00 – 20,00.
L’intero ricavato della vendita verrà devoluto attraverso un IBAN dedicato al comune di Amatrice (RI) 





"Zero Waste Sicilia" sull'ennesimo progetto di inceneritore nella Valle del Mela

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Sull’ennesimo progetto di inceneritore 
nella Valle del Mela


   COMUNICATO di ZERO WASTE SICILIA                             

Come da notizie di stampa, una società del gruppo Franza, la ESI spa, ha presentato un progetto per “un impianto di ricerca e sperimentazione per la gestione di rifiuti pericolosi e NON”, da realizzarsi a Giammoro (Pace del Mela). A parte il NON, la vicenda, a nostro avviso, è la punta dell’iceberg di un una cultura industriale retriva e basata sulla aggressione all’ambiente. Li listiamo per punti:.

1) La valle del Mela è un sito SIN, e pur essendo stati stanziati dei soldini per studiarne i livelli di inquinamento, questi non sono mai stati spesi e si perderanno il prossimo febbraio. A pensar male, sembrerebbe che non si sia voluto dire ai cittadini quanto sia inquinato il territorio sul quale vivono. Evidentemente si pensa che se l’inquinamento è già così elevato, non sarà poi un dramma se gli ammalati dovessero crescere di pochi percento, a causa di un nuovo impianto. Salvo che per gli ammalati.

2) Dopo l’inceneritore dell’A2A, contro il quale i cittadini di Pace e non solo hanno espresso un dissenso plebiscitario, si propone un altro impianto, certamente più piccolo, che aumenterà le emissioni nella zona, forse di poco, ma le aumenterà. È difficile pensare che questo progetto possa trovare il consenso popolare, del quale, evidentemente non importa granché, tanto le decisioni vengono prese nel rarefatto ambiente di una conferenza dei servizi, dove si discute di questioni molto tecniche e burocratiche e di rispetto di legislazioni vigenti, ma dove i cittadini possono al più essere accettati come auditori, non come decisori.

3) Sembra che nel progetto manchi una stima proprio delle emissioni macroinquinanti e microinquinanti. Ma davvero può succedere nel 2016 che si presenti un progetto comunque impattante e non si fornisca pubblicamente una stima dell’impatto?

4) Il presidente Vincenzo Franza non ha remore nel sostenere che la vera motivazione del progetto non è, come recita il titolo, la ricerca e la sperimentazione bensì la tutela dell’occupazione, stante la crisi economica. Torna il ricatto occupazionale: la famiglie dei lavoratori devono mangiare, non importa se mangiano cibi avvelenati, prodotti dall’inquinamento, e magari si ammalano o muoiono.

Notiamo che i sindaci del SIN e dei comuni limitrofi non sono mai riusciti a coalizzarsi per resistere tutti insieme allo strapotere di gruppi industriali come A2A ed ora anche il gruppo Franza. Quando capiranno che una loro azione unitaria e coesa, scevra da vincoli partitici e campanilismi, è indispensabile per difendere il loro territorio? Quando si capirà che se affonda Pace del Mela, affonderanno pure Milazzo, Barcellona e perfino Messina, mentre ci si salva solo tutti insieme?

Ora, tutti gli impianti esistenti ed anche i nuovi rispettano e rispetteranno tutte le leggi esistenti. Purtroppo le leggi si applicano al singolo impianto, non al loro complesso. Pertanto se la situazione sanitaria nella valla del Mela è grave, vuol dire che magari ci si ammalerà ai sensi di legge.

Beniamino Ginatempo, Presidente Zero Waste Sicilia

“Io non rischio”: Campagna nazionale per le buone pratiche di protezione civile

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COMUNICATO



15 e 16 ottobre i volontari della Protezione Civile di Santa Lucia del Mela nelle due piazze principali

Per il sesto anno consecutivo il volontariato di Protezione Civile, le istituzioni e il mondo della ricerca scientifica si impegnano insieme nella campagna di comunicazione nazionale sui rischi naturali che interessano il nostro Paese. Il weekend del 15 e 16 ottobre 7.000 volontari e volontarie di protezione civile allestiranno punti informativi “Io non rischio” in circa 700 piazze distribuite su tutto il territorio nazionale per diffondere la cultura della prevenzione e sensibilizzare i propri concittadini sul rischio sismico, sul rischio alluvione e sul maremoto. A poco meno di due mesi dal sisma che ha colpito il centro Italia il mondo del volontariato, che insieme al Servizio Nazionale della Protezione Civile è in prima linea nella gestione dell’emergenza, si farà portavoce delle buone pratiche di prevenzione dei rischi.

Sabato 15 e domenica 16 ottobre, in contemporanea con altre piazze in tutta Italia, il Gruppo dei volontari comunali della Protezione Civile di Santa Lucia del Mela partecipano alla campagna con un punto informativo “Io non rischio” allestito a Santa Lucia del Mela in Piazza Duomo il 15 ottobre e in Piazza Milite Ignoto il 16 Ottobre, per incontrare la cittadinanza, consegnare materiale informativo e rispondere alle domande su cosa ciascuno di noi può fare per ridurre il rischio terremoto.

“Io non rischio” – campagna nata nel 2011 per sensibilizzare la popolazione sul rischio sismico – è promossa dal Dipartimento della Protezione Civile con Anpas-Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze, Ingv-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e Reluis-Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica. L’inserimento del rischio maremoto e del rischio alluvione ha visto il coinvolgimento di Ispra-Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Ogs-Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, AiPo-Agenzia Interregionale per il fiume Po, Arpa Emilia-Romagna, Autorità di Bacino del fiume Arno, CamiLab-Università della Calabria, Fondazione Cima e Irpi-Istituto di ricerca per la Protezione idro-geologica. L’edizione 2016 coinvolge volontari e volontarie appartenenti alle sezioni locali di 27 organizzazioni nazionali di volontariato di protezione civile, nonché a gruppi comunali e associazioni locali.

L’elenco dei comuni interessati dalla campagna il prossimo 15 e 16 ottobre è online sul sito ufficiale della campagna, www.iononrischio.it, dove è inoltre possibile consultare i materiali informativi su cosa sapere e cosa fare prima, durante e dopo un terremoto o un maremoto.
  

Per informazioni:
Coordinatore Protezione Civile TONINO VILLA 347 3125632

Responsabile di Piazza NICOLA COCO 320 4515883

Parte a Montalbano Elicona il Borgo Mistico Fest. Da venerdì 28 a sabato 30 ottobre, tutte le declinazioni del sacro

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   COMUNICATO STAMPA                  

Parte a Montalbano Elicona il Borgo Mistico Fest                      
Da venerdì 28 a sabato 30 ottobre, tutte le declinazioni del sacro
A ruba i biglietti di Spirituality, il concerto-evento di Camisasca e Di Bella




   Partirà proprio da questa prima edizione di Borgo Mistico Fest - dal 28 al 30 ottobre a Montalbano Elicona (uno dei borghi più belli d’Italia) -  Spirituality, l’attesissimo concerto-evento di Juri Camisasca e Rosario Di Bella.
I biglietti sono letteralmente andati a ruba, ma in generale c’è molto interesse per un festival – come quello nato dall’idea di Fabio Bagnasco, Francesca Lucisano, Pierfabio Randazzo e Valeria Monti – che intende esplorare il sacro nelle sue più interessanti, spesso inaspettate, declinazioni. 
   Un programma densissimo e articolato – nato dall’incontro creativo fra Palermo, città natale degli ideatori, e Montalbano Elicona - che si muove sui binari di storia, natura, musica, arti performative, paesaggio e narrazione e che ha già conquistato l’entusiasmo di artisti come il compositore Franco Battiato e il direttore d’orchestra Ennio Nicotra.



VENERDì 28 OTTOBRE

    Il Borgo Mistico Fest si aprirà alle 21, al Castello Svevo Aragonese (sala Arnaldo da Villanova) con Geografia commossa dell’Italia interna: un incontro con Franco Arminio, scrittore, regista e poeta o, come ama autodefinirsi, “paesologo” (di grande suggestione i suoi racconti sul terremoto e sui suoi effetti). 
Con la partecipazione di Livio e Manfredi Arminio e la musica di Podolika Tour.


  
SABATO 29 OTTOBRE

   Il giorno dopo, sabato 29 ottobre, ancora alla Sala Arnaldo da Villanova del Castello Svevo Aragonese, ma alle 18, avrà luogo una inedita conferenza che attraversa tre grandi figure di mistiche: Santa Eustochia Smeralda Calafato, Suor Chiara Lucia ed Ernestina Ballarino Mobilia. 
In particolare, Nino Principato  interverrà su “Santa Eustochia Smeralda Calafato e Antonello da Messina”, Padre Alessio Mandanikiotis  su “Suor Chiara Lucia, mistiche di oggi” e  Carmelo Mobilia su “Ernestina Ballarino Mobilia, un modello di carità”.
 Alle 21, il salone centrale del Castello ospiterà l’attesissimo concerto-evento Spirituality, di Juri Camisasca e Rosario Di Bella che proprio con il Borgo Mistico Fest aprirà il tour 2016-2017. 
In giorni segnati dallo spirare di venti portatori di ennesimi conflitti tra le nazioni, le voci di Juri Camisasca e Rosario Di Bella attraversano l’etere e si rivolgono alla gente, alle persone, usando la parola e il suono come dono divino.

E in concerto, quando Juri e Rosario intonano “pace”, sul pubblico si riversa il flusso di energia positiva contenuto in Spirituality, l’album che dà il titolo al tour di cui si era dato un intenso saggio già il 31 luglio scorso, nel teatro greco, dove i due musicisti sono stati chiamati ad aprire magistralmente il concerto di Battiato e Alice.


DOMENICA 30 OTTOBRE

   Domenica 30 ottobre alle 10 ci si sposterà verso i megaliti di Argimusco, tra i più suggestivi luoghi naturali del mondo per la visita guidata, a cura dell’archeoastronomo Andrea OrlandoItinerari del cielo (pietre e stelle)

   Alle 16.30, la chiesa di San Michele ospiterà ancora Juri Camisasca e il suo incontro spirituale Dalle icone ai suoni mantrici, con una introduzione di Fabio Bagnasco.
   Due ore dopo, alle 18.30, il Castello Svevo Aragonese (Sala Arnaldo da Villanova) ospiterà la conferenza di Maurizio Baiata, I guardiani del cielo, dal libro di Michael Wolf. Introduce Giuseppe Pisciuneri.

I contatti diretti con esseri diversi dall’Uomo, accertati sin dai primi anni ’60 e mai ammessi dalla scienza ufficiale, sono noti come “Incontri ravvicinati del quarto tipo”, o “rapimenti alieni”. Quali ragioni esistono dietro tutto questo? Chi sono le creature che ci visitano? Qual è il loro fine? Forse, l'approccio graduale al nostro processo di crescita di coscienza, sul piano individuale, collettivo e cosmico.
 La prima edizione del Borgo Mistico Fest si chiuderà al Castello Svevo Aragonese (Sala centrale) alle 20.30 con il concerto Endo e il suono esoterico dei Nuclearte. Il loro nuovo progetto  attinge al Rock, al Progressive, a ritmi tribali e al Reggae, fondendoli in un inedito mix lirico ed elettronico.
Nato alla fine degli anni Novanta sotto l’egida della world music di Peter Gabriel, il gruppo palermitano è formato da Ramya (voce), Maurizio Cucuzza (basso), Luca Rinaudo (programming, electronic drums, backing vocals), Sergio Schifano (chitarra elettrica) e Danilo Romancino (fonico). 


“Borgo Mistico Fest è un evento tematico, selettivo ma aperto, sperimentale ma non elitario, che  percorre le tracce legate alla sacralità dei luoghi. Siamo convinti – dicono gli ideatori - che Montalbano Elicona è un perimetro sacro vero e proprio, dal borgo medievale all’Argimusco: ogni pietra, ogni angolo naturale, ogni squarcio visivo. Abbiamo pensato  di non dare una precisa collocazione temporale a questo festival. Non sarà annuale, non sarà ciclica, ma risponderà solo all’esigenza di presentare progetti, idee che in quel momento riteniamo giuste.”

“È un salto di qualità nell’offerta culturale dei nostri territori. Borgo Mistico Fest è una rassegna – dice il sindaco di Montalbano Elicona, Filippo Taranto - che promuove un nuovo modo di fare e proporre cultura. In sintonia con tutte le programmazioni più avanzate d’Europa che, grazie ai festival e alle kermesse tematiche, portano avanti un modello di turismo lontano dall’idea di mordi e fuggi. È una proposta culturale all’avanguardia – prosegue Taranto – che sollecita una conoscenza profonda del territorio, facendone scoprire le peculiarità più segrete. Vogliamo essere i primi a proporre questa formula, nella speranza che altri territori in futuro la facciano propria”.


                                                                       
Facebook – Borgo mistico fest - Twitter @borgomisticofest – Instagram borgo_mistico_fest
Infoline: Ufficio Turismo e Cultura 338 1007771

Sapori di Vini

Sapori di Vini - Workshop: Cibo e Territorio - Parte due


Sapori di Vini - Workshop: Cibo e Territorio - Parte tre

Il club doc incontra Nicola Legrottaglie: quando i sani principi precedono gli aspetti sportivi

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Filippo Alibrando - Fama, successo, denaro, divertimento, piaceri vari, visibilità mediatica. Sono solo questi gli elementi che compongono la vita di un calciatore dell’era moderna?
La risposta a questa domanda potrebbe sembrare quantomeno lapalissiana, scontata. La società odierna ci abitua a degli standard, stereotipi, riduce l’esistenza di un noto personaggio (quale potrebbe essere un calciatore) ad un fermo immagine che lo rende più “popolare” possibile. 
Ed è quindi che, tra una partita e l’altra, un calciatore della massima serie si ritrova sulle prime pagine di tutti i giornali, sugli schermi nazionali, bombardato dal vortice mediatico che vuole a tutti i costi far emergere una nuova “icona” da sfruttare per un determinato periodo. E che fine fanno la personalità, il carattere, i valori ed i sani principi che molti sportivi (non tutti, purtroppo) possiedono?
Beh questi ultimi valgono poco per alcuni o, per lo meno, si limita il senso della “correttezza morale” alla palla messa fuori durante un infortunio o ad un gesto di fair-play. Giusto, ma tremendamente riduttivo. 

È stato questo il tema di fondo trattato oggi pomeriggio presso il Palazzo ex-carcere di Santa Lucia del Mela, in occasione dell’incontro dei tifosi locali con Nicola Legrottaglie. L’evento, organizzato dallo Juventus Club Doc “G. Scirea” di Santa Lucia del Mela presieduto dall’instancabile Benedetto Merulla, ha visto protagonista l’ex calciatore della Juventus che ha vestito la maglia bianconera tra il 2003-2005 ed il 2006-2011, concludendo poi la sua carriera nel 2014 al Catania. 
Introdotto dall’Avv. Angelo Siracusa, membro fondatore del club luciese nel 1984, Nicola Legrottaglie ha parlato apertamente della sua esperienza, calcistica ma soprattutto di vita. Ha descritto a grandi linee la sua carriera, correttamente definita “parabola ascendente” dal moderatore, mettendo in evidenza quali grandi sacrifici siano necessari per poter coronare i propri sogni nel migliore dei modi. Non ha omesso le parti meno gloriose della sua carriera, ovvero il primo approdo alla Juventus o l’anno della Serie B, anzi. Ha definito questi momenti certamente critici, ma allo stesso tempo portatori di opportunità di crescita: un’introduzione al suo ritrovato modo di vivere. 
Già. Un modo di vivere radicalmente modificato in corso d’opera, dopo tanti spropositi ed eccessi, quasi una sorta di conversione sulla via di Damasco, che lo ha portato anche ad aderire al movimento sportivo "Atleti di Cristo".  
Questo un breve passaggio del suo intervento: <<Ho messo il passato alle spalle, dopo una presa di coscienza che mi ha portato a rivalutare i giusti valori della vita. Il mio esempio di vita, notoriamente, è Gesù. Mi sono specchiato in lui e ho capito che agendo come lui qualcosa dentro di me è cambiata. Ho iniziato ad amare me stesso, il mio corpo e soprattutto ho imparato un nuovo modo di relazionarmi con tutti, evitando anche di ferire i sentimenti. Ho tolto in pratica la “maschera” che indossavo, quella del personaggio mediaticamente forte ed emblematico, per assumere una personalità quanto più vera ed autentica possibile>>. 
Ha messo insomma a nudo se stesso, cercando di esprimere i cambiamenti positivi che hanno contraddistinto la sua esistenza successivamente all’incontro con la Fede. Una fede che, sottolinea, non deve necessariamente corrispondere con Religione: <<fede significa cambiare gli atteggiamenti, le convinzioni, i cattivi esempi, gli obiettivi rendendoli più corretti possibili avvicinandoli all’insegnamento di Gesù>>. 

Spronato da un pubblico numeroso e visibilmente attento, Legrottaglie ha anche parlato del ruolo sociale e pedagogico che ha lo sport in generale, dando qualche consiglio anche alle giovani generazioni che si avvicinano al mondo dello sport. In particolare dice: <<Credo che in Italia siamo strutturati maluccio perché per poter arrivare ad avere dei leader, nel senso buono del termine, abbiamo bisogno di formarli. Si formano nelle strutture, che andrebbero potenziate mettendo a capo istruttori che abbiano determinati requisiti morali, etici e soprattutto un’educazione da trasmettere ai bambini. In Italia abbiamo istruttori capaci a parlare di tecnicismi e tattiche, ma il modello generale purtroppo cura poco la crescita individuale del bambino. È un problema culturale non attenzionato ma che purtroppo sta andando avanti, senza alcun freno. L’altra componente è quella familiare, un tassello imprescindibile che fonda la base solida su cui un bambino fonderà la propria vita. Partiamo dalla cultura. Il calcio è lo sport più diseducativo tra tutti gli sport. Non nel regolamento, ma nella pratica comune dei cosiddetti “esempi”, che in realtà non lo sono per niente. La scelta dell’idolo a volte non avviene sulla base dell’integrità morale, bensì sull’esteriorità o la semplice stranezza del calciatore. Ma è una scelta: si decide di ammirare un elemento la cui storia non è certamente migliore di altre. La stampa in tal senso dovrebbe enfatizzare di più i buoni propositi, i buoni esempi, lasciando al margine l’esempio deplorevole per un determinato contesto. La stampa porta le persone a pensarla in un modo che non è esattamente quello corretto. Quindi ci vuole tanto equilibrio e restare attenti>>.

E poi continua: <<La stampa becera è un’altra grave problematica culturale. Oggi alcuni giornalisti vengono ammaestrati per creare scompiglio. Quella domanda è studiata, premeditata per punzecchiare un allenatore o un giocatore per far la notizia e vendere le copie di giornale. Alla base non c’è passione, bensì troppo interesse. Metterei a fare i giornalisti gente appassionata, che non significa non essere obiettivi, ma almeno non crea quel clima di disagio all’interno del gruppo. Tutti questi interessi, unitamente agli spropositi dei social, risultano deleteri per lo sport>>.

Dalle origini fino ad oggi, dal vecchio Legrottaglie alla personalità ritrovata, dalle esperienze sportive ai nuovi progetti da allenatore: è stato un incontro a trecentosessanta gradi, da molti definito come “il più educativo per tutti”. L’ex difensore ha tenuto una spontanea lezione di vita di chi ha saputo riprendere in mano la propria vita dopo periodi di decadenza morale. L’integrità morale di un “Uomo”, inteso come complesso di corpo ed anima che sa comprendere i propri sbagli per rimettersi in carreggiata.
In una società che gareggia a chi ha più ragione rispetto ad un altro, la riflessione odierna è forse una “mosca bianca”: <<sono consapevole di non poter cambiare il mondo, ma come dico sempre, io almeno ci provo>>

Nelle nostre vite da studenti, genitori, figli, capi ma soprattutto come cittadini intercalati in un tessuto sociale sin troppo deviato, dovremmo provarci tutti. Quantomeno per essere in pace con la propria persona, con quelle a noi vicine e con una morale che, in troppi ambiti, spesso è stata dimenticata. 

Per la fotogallery dell'evento, clicca il link sottostante. (photo Antonio Giunta)

https://www.facebook.com/pg/Photo-Antonio-Giunta-163998117132267/photos/?tab=album&album_id=540411806157561

L'AMORE NON HA ETA'. INTERVISTA A TAVA DAETZ IN AVARNA, DUCHESSA DI GUALTIERI SICAMINO'

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TIZIANA PARISI: Due occhi cangianti, tra il verde e il celeste, capelli raccolti, un sorriso dolcissimo e due gambe lunghissime.
Incontro per la prima volta Tava Daetz, seconda moglie del Duca Giuseppe Avarna (scomparso in tragiche circostanze nel 1999), in un bar della piazza centrale di Gualtieri Sicaminò.
Ci presenta un amico comune e si mostra subito disponibile a concedermi un'intervista.
Ci sediamo sul bordo di una fontana, baciate da un sole autunnale. E' l'11 novembre. Esattamente 100 anni fa, nel 1916, nasceva il Duca. Ed è proprio per l'occasione del centenario che Tava torna in Sicilia, sui luoghi che la videro protagonista di un'intensa e altrettanto chiacchierata storia d'amore.
Ella è infatti tra gli organizzatori della commemorazione svoltasi nello stesso giorno a Messina, nella sala mostre dell'Archivio di Stato. Nuovi documenti sono stati appunto acquisiti dall'Archivio, diretto dalla Dott.ssa Eleonora Della Valle, i quali saranno oggetto di studio al fine di acquisire nuove informazioni di natura storica, letteraria e biografica relative a questo illustre personaggio, che fu uno degli ultimi esponenti della nobiltà locale, nonché scrittore, poeta e storico.  
Quando Tava parla di suo marito le si illuminano gli occhi, le si emoziona la voce, e, col suo forte accento americano (è nativa dell'Oregon, USA), ripercorre le tappe di una vicenda che presenta le caratteristiche di un amore romanzesco ma reale, le cui tracce si possono “toccare con mano” visitando l'antico borgo sulle colline di Sicaminò, dove sorge il Castello, l'adiacente chiesetta e la contigua “Casa del Parroco”. Proprio in questa ultima, trasformata nel loro nido d'amore, trascorsero i loro 23 anni insieme.
Il Duca, infatti, era già caduto in povertà, dopo che la riforma agraria del '55 gli sottrasse 900 dei suoi 1400 ettari di proprietà, che si estendeva inizialmente fino a Castanea e Nizza di Sicilia. La separazione dalla prima moglie, inoltre, lo privò anche della residenza ducale e di molti dei suoi beni. Cercò più volte di risollevarsi, ma le tasse e il difficile rapporto con i figli gli impedirono di raggiungere nuovamente la stabilità economica precedente alla seconda guerra mondiale, alla quale prese parte come ufficiale di cavalleria.




D. In quale occasione conobbe il Duca e come andò il vostro primo incontro?

R. Avvenne nel 1976. Lui aveva 59 anni, io 26. Io ero un'assistente di volo, lavoravo per la Pan Am, ma a causa della crisi petrolifera fui licenziata. Avevo tuttavia a disposizione un viaggio gratuito e decisi di visitare alcune città europee e africane, prima di ritirarmi a vivere da mia madre a Nairobi. Avevo già visitato Parigi e arrivai a Roma. Mentre passeggiavo per via Veneto, mi accorsi che era frequentata dai cosiddetti “pappagalli”, cioè da ragazzi che importunavano le turiste, specie se straniere. Decisi allora di allontanarmi, procedendo a grandi passi per una discesa, ma sentivo di essere seguita. Avvertivo dei passi dietro di me, quindi mi ero già preparata la frase da dire in Italiano:” Io non parlo con i soliti pappagalli!”. Ma nulla di tutto ciò avvenne, poiché, quando mi voltai, non vidi il solito ragazzo, ma un uomo distinto, di una certa età; allora scoppiai a ridere, lui mi prese per il braccio e mi propose:”Prendiamo un bicchiere di champagne?”. Da quel momento non ci siamo più lasciati. E' stato proprio love at first sight (colpo di fulmine); si sprigionò fin da subito un'enorme attrazione fisica e mentale. Venni a vivere in Sicilia con lui e restaurammo insieme quella che era stata la casa del parroco, accanto al palazzo ducale, dove continuavano a vivere sua moglie e i suoi figli.

Questa sorta di “convivenza” forzata, data dall'eccessiva vicinanza tra le 2 famiglie, fu difficile?

Si. Ci furono alcune situazioni imbarazzanti, dovute a gelosie e rancori, ma noi affrontavamo tutto con grande forza ed ironia. Il buonumore del Duca ci salvava anche dai disagi dati dalle difficoltà economiche. Ero io soprattutto, grazie al mio lavoro di hostess, che sostenevo le spese, dandogli la possibilità, in qualità di mio marito,di viaggiare gratuitamente su voli internazionali e visitare il mondo. Ci sposammo, infatti, nel 1988 a Milazzo, con rito civile, dopo 11 anni di attesa del divorzio dalla moglie.



Il Duca aveva la fama di essere un donnaiolo. Le risulta?

Si, era vero, ma prima di conoscere me. Lui ebbe numerose avventure, gli piacevano le belle donne e sosteneva che le ragazze più belle fossero a S.Lucia del Mela. Ma, incontrandoci, abbiamo raggiunto un tale stato di complementarietà, che non potevamo vivere più l'una senza l'altro. Lui era un uomo fantastico e aveva uno stile e un'eleganza che non si scalfirono mai, nemmeno quando si autodefiniva “holed duke” (duca bucato), a causa dei buchi nei suoi pantaloni.
E neanche quando, da macchine di lusso, passò a guidare una vecchia FIAT 500 e una 126, con le quali ci spostavamo quotidianamente. Restava se stesso, sebbene cambiasse l'involucro.


Qual era il suo rapporto con i dipendenti e i concittadini?

Non mancavano le invidie. Durante il nostro primo incontro mi disse ironicamente: ”Mi odiano tutti perché sono troppo intelligente!”. Ma fece del bene a parecchie persone e per liquidare i suoi operai vendette il Palazzo di famiglia a Palermo. Quando poi viaggiava in aereo, spesso aiutava noi assistenti di volo ed era così gentile e puntuale con i passeggeri, che essi lo scambiavano per uno di noi. Veniva spesso a trovare i miei nonni in America; specialmente con mio nonno, che era non vedente, aveva un bellissimo rapporto; amava infatti leggere per lui e mio nonno lo adorava!
Il Duca faceva tutto con l'entusiasmo di un bambino. Era capace di zappare la terra e di bere champagne con i nobili con la stessa dignità. Amava inoltre fare dei comizi in piazza, a differenza mia, che invece sono timida e ho qualche difficoltà a parlare in pubblico.

La scuola del borgo di Sicaminò

E' vero che tutti gli alberi che si innalzano sulla strada per Sicaminò e quelli intorno al borgo li ha piantati lui?

Il Duca amava la natura e gli animali. Piantava alberi, coltivava la terra con le sue mani. Insieme raccoglievamo le olive, l'uva e gli altri frutti, pulivamo il terreno dalle erbacce, insomma vivevamo in stretto contatto con la natura, insieme ai nostri 7 cani e ai cavalli.

Chiesetta attigua al Castello del Duca (Gualtieri Sicaminò)


Mi parla della famosa storia della campana, che si dice venisse da lui suonata dopo le vostre unioni amorose?

Oh si! (ride). In realtà non è vera. Una notte in cui stavamo festeggiando il mio compleanno con alcuni amici, sua moglie e i suoi figli si lamentarono degli schiamazzi notturni e ci denunciarono, sostenendo che avevamo suonato le campane “a morte”, una presunta offesa per la sua ex moglie.
Qualche giornalista, poi, tolse la “t” e fu così che “ a morte” divenne “a more” e poi “amore”. Dunque nacque questa leggenda, cioè che il Duca, dopo aver fatto l'amore con me, correva a suonare la campana per farlo sapere alla moglie.

Tava Daetz toglie le erbacce dalla scritta realizzata per lei dal Duca sul muro che costeggia la strada per Sicaminò


Quella sera del tragico evento lei dove si trovava?

Lavoravo. Era il 21 febbraio del 1999. Ero sbarcata a Roma ed ero pronta per ripartire per New York, ma qualcuno mi fece scendere dall'areo e mi diede la brutta notizia. Tornai in Sicilia. Tutto era bruciato. Il tetto della nostra casa crollato, in fumo ogni oggetto e ogni ricordo. In bagno giaceva il suo corpo, in gran parte arso dal fuoco. Morì cercando di spegnere l'incendio, ma la malasorte ebbe la meglio (si commuove).
Si salvarono solo i 7 cani, che in seguito portai con me in America.
Ma da questa tragedia, in realtà, qualcos'altro fu risparmiato dal fuoco. Il Duca, infatti, in un ultimo estremo tentativo di strapparle alle fiamme, gettò dalla finestra le sue poesie. Nel 2009 le raccolsi in un libro, aiutata da mia madre e da alcuni amici. E fu così che pubblicai “Il Silenzio delle Pietre”, esaudendo uno dei suoi due desideri. Due cose, infatti, mi fece promettere mentre era in vita. Che avrei pubblicato le sue poesie e che un giorno, quando sarò morta anch'io, le nostre ceneri vengano mescolate.



Il Duca dove si trova adesso?

Il suo corpo fu cremato e le sue ceneri riposano a Palermo, nel Cimitero dei Gesuiti, all'interno del mausoleo della famiglia Avarna. Ma una parte di esse le porto sempre con me, racchiuse in questo cuore che tengo sempre al collo. Si parlò di infarto, si parlò di intossicazione da fumo, di una trave infuocata che gli sarebbe caduta addosso...Io non conosco le reali cause della sua morte né so perché si sprigionò l'incendio.


Lei adesso dove vive?

Vivo a Bologna da un'amica. Il mio sostentamento consiste in una pensione di 110 dollari al mese.
Ma non mi lamento, perché, a differenza di tanti altri, io ho vissuto. E vive ancora insieme a me colui che mi regalò gli anni più incredibili e l'amore più grande. Ma il mio sogno è quello di tornare a vivere in Sicilia. L'America non mi è mai piaciuta.





Della vasta produzione letteraria del Duca Giuseppe Avarna di Gualtieri ricordiamo:

-Autonomia e problemi agrari siciliani (Messina, 1945)
-Les scandales (Messina, 1949)
-Nevermore (Messina, 1949)
-Promenade au soleil (Messina, 1949)
-Poème d'un soldat mort à la guerre (dramma in 3 episodi, Messina 1950)
-Poème d'une douce saison (Messina, 1950-51)
-Jeanne d'Arc (dramma teatrale, Messina 1951)
-La mia stagione in Europa (liriche in lingua francese, Guanda, 1953)
-Il cavaliere gotico (poesie, Guanda, 1954)
-Ovunque confine (poesie, Guanda 1956)
-Macerie (liriche, Guanda 1959)
-Il Silenzio delle Pietre (poesie, pubblicato postumo, 2009)


107 candeline per nonna Rosa!

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ALIBRANDO ANTONELLA: Pelle di pesca, sguardo vispo e mente attiva, ecco come si presenta Alibrando Rosa che oggi compie 107 anni.
Nata a Santa Lucia del Mela il 20 novembre 1909 (il certificato porta la data del 21/11 perché, com'era abitudine ai tempi, non si veniva registrati nel giorno della nascita) da Alibrando Salvatore e Salvadore Domenica, quinta di sei figli ed unica femmina.


Certificato di nascita

A differenza dei fratelli venne educata ai lavori domestici e col passare degli anni divenne una brava sarta. Poco più che ventenne sposò l'unico amore della sua vita: Paolo Antonelli con il quale ha avuto tre figli.
A causa della crisi economica del secondo dopoguerra il marito fu costretto ad  emigrare in Lombardia dove da poco era esploso il boom industriale, dove qualche anno dopo il resto della famiglia lo raggiunse e rimase a vivere a Cusano Milano, un piccolo comune a nord di Milano.



La sig. Rosa che esce di casa in piena autonomia
Nonostante da oltre mezzo secolo non viva più in Sicilia è sempre rimasta legata alla sua terra natia nella quale è tornata ogni anno fino a circa 10 anni fa, e,  come quasi tutti i luciesi emigrati in lei è viva la devozione a Beato Antonio Franco ed alla Madonna della neve.
Nonostante qualche piccolo acciacco dovuto all'età, trascorre le sue giornate curando amorevolmente il suo giardino e la sua casa di Cusano, dove oggi festeggerà i suoi 107 anni circondata dall'amore della sua famiglia.

La sig. Rosa mentre cura il suo giardino


FOTO: Antonelli Innocenzo

Quando un cane perde il suo padrone. La storia di Billy, fedele sino alla fine

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Billy, il cane di Leone Salvatore:
il suo cuore non ha retto alla morte del padrone
Sembra la trama di un film, ma è la storia vera di Billy, un cane che si è lasciato morire dopo la morte del padrone, dal quale non si era mai separato per tredici lunghi anni. Se, come recita un vecchio adagio, il cane è il migliore amico dell’uomo, per Leone Salvatore, l’anziano scomparso in seguito ad una malattia che ormai da tempo gli impediva di uscire, Billy è stato un compagno insostituibile, fedele sino all’ultimo respiro: al punto da smettere di vivere quando il suo padrone non ce l’ha fatta. 
Il cane, un chihuahua bianco entrato in casa di Leone Salvatore appena nato, era destinato alla figlia Mariella; ma da subito si era affezionato alla persona più debole della famiglia, senza volersene più staccare. «Billy è stato per tredici anni ai piedi di mio padre, fermo sulla sua poltrona – racconta Mariella –, non lo lasciava neppure per un attimo, quasi a volerlo proteggere, anche quando in casa entravano i medici e i terapisti che si prendevano cura di lui». 
Una dedizione così totale da “sentire” la sofferenza del padrone: Billy ha iniziato a manifestare i primi segni di malessere contemporaneamente all’aggravarsi delle condizioni di salute di Leone Salvatore, tanto da smettere di giocare e persino di mangiare. Infine, quando l’anziano è morto, il cane non si è più mosso dall’angolo della cucina dove il suo padrone, seduto in poltrona, trascorreva il tempo. «Billy se ne è andato a pochi giorni di distanza da mio padre – racconta commossa Mariella –. La veterinaria ha detto che è morto di crepacuore, troppo addolorato per la scomparsa del suo padrone per continuare a vivere». 
"Hachiko - Il tuo migliore amico"
Una storia, quella di Leone Salvatore e Billy, che rivela l’esistenza  di legami speciali e indissolubili tra uomini e animali; una storia di amicizia e di fedeltà, simile a quelle che la narrativa e il cinema ci hanno descritto più volte, ad esempio nel celebre film “Hachiko - Il tuo migliore amico”, con Richard Gere: ispirato, non a caso, ad una vicenda realmente accaduta. (Katia Trifirò)
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